Gli scavi archeologici a Vulci
 di Luciano Bonaparte

Luciano Bonaparte >> Gli scavi archeologici a Vulci di Luciano Bonaparte >> Parte Prima


Parte:  2 | 3

Stampa

di Giacomo Mazzuoli

Clicca sull'immagine per corrispondere con l'autore


  Nessuno può dire con precisione perché ad un certo punto il fratello del Grande Napoleone si trovasse a Canino, un posto così lontano, nello spazio e nel tempo, dalla Francia e dall’Europa, proprio nel periodo in cui il Vecchio Mondo era sconvolto dai grandi cambiamenti imposti dalle imprese del Bonaparte. Luciano era il terzo dei fratelli Bonaparte, nacque nel 1775 ad Ajaccio in Corsica 6 anni dopo Napoleone.
Gli eventi storici che avrebbero segnato i destini della famiglia Bonaparte e del mondo intero erano prossimi a venire. I due fratelli condivisero gli ideali della Rivoluzione Francese sia pure attraverso strade diverse, Luciano fu giacobino, eletto nell’Assemblea dei Cinquecento, fu poi membro del Tribunato, organo legislativo quando il fratello Napoleone divenne primo Console e poi fu nominato dallo stesso Ministro dell’Interno. Poi i primi contrasti fra i due fratelli con la firma da parte di Luciano della pace con il Portogallo le cui condizioni non erano condivise da Napoleone.


   




 

 
 
Clicca per ingrandire l'immagine

Cratere a colonna a figure nere. (Londra, British Museum)
 
Clicca per ingrandire l'immagine

Hydria a figure nere.
(Londra, British Museum)
 
 
Clicca per ingrandire l'immagine

Treppiede in bronzo.
(Londra, British Museum)
 
 
Clicca per ingrandire l'immagine

Anfora a figure rosse.
(Londra, British Museum)
 
Clicca per ingrandire l'immagine

Anfora attica a figure nere. (Antikensammlungen di Monaco)
 
 


  Fu così che nel 1803 Luciano si rifugiò in Italia in una sorta di esilio volontario a seguito di plateali ed ormai insanabili contrasti col fratello. Napoleone era adirato per il matrimonio con la borghese Alexandrine de Bleschamps , avrebbe voluto che Luciano sposasse la Principessa Maria Luisa di Spagna, vedova del re dell’Etruria Luigi I, a compimento di un progetto politico-dinastico che avrebbe avvicinato la Toscana alla Francia. Ma forse le distanze più grandi tra i due fratelli erano di ben altro spessore, ormai era prossima la proclamazione ad Imperatore di Napoleone e ciò contrastava profondamente con le convinzioni repubblicane di Luciano. Nel 1804 Luciano Bonaparte era a Roma, dapprima presso lo zio Fesh, primo Console ministro nella capitale dello Stato Pontificio poi a Palazzo Nuñez , maestoso complesso della Roma Barocca nelle vicinanze di Via Condotti, che venne acquistato e restaurato da Luciano. Bisogna subito dire che la Roma di quel tempo non era certo Parigi, e non solo come fasti e ricchezza, qui si viveva per molti aspetti ancora come prima della presa della Bastiglia. La popolazione era di soli 130.000 abitanti, con un’aristocrazia adagiata sui propri secolari privilegi che deteneva interamente il potere economico, una disoccupazione altissima, l’agricoltura inefficiente e la mancanza totale di attività produttive. A completare il quadro una amministrazione ecclesiastica che deteneva il potere temporale in maniera ormai anacronistica e che comunque riusciva ad evitare, tramite sussidi ed una politica di prezzi bassissimi, il sorgere di pericolose tensioni popolari. In questa Roma si trovò a vivere Luciano Bonaparte che comunque qui decise di porre salde radici facendo buon viso a cattivo gioco ed acquistando poi anche la villa “La Rufinella” presso Frascati.


   
 


  Nel 1806 iniziò poi le trattative con la Camera Apostolica, ossia con l’Amministrazione dei beni pontifici, per l’acquisto del feudo di Canino e questo probabilmente per acquisire una proprietà fondiaria tale da potersi sentire perfettamente integrato come membro del patriziato romano. Perché la sua scelta cadde su Canino non lo sappiamo, a quel tempo era un centro selvaggio, malarico d’estate e lontano dalla civiltà. Luciano ne entrò in possesso nel 1806, ma l’atto formale di acquisto risale al 1808 e costò circa mezzo milione di franchi dell’epoca, vero ossigeno per le esauste finanze papali, prosciugate dai banchieri genovesi che esigevano i loro crediti pregressi e non erano più disposti a dare fiducia ad uno Stato Pontificio al quale venivano a mancare, a seguito della Rivoluzione Francese, i tradizionali cespiti finanziari stranieri.

 

 
 
Clicca per ingrandire l'immagine

Le Muséum étrusque. Copertina del libro con riproduzione dei disegni dei vasi e delle iscrizioni, ad opera di Louis Maria Valadier
 

Parte:  2 | 3

TORNA SU