Il Sesso:
le fonti
iconografiche
La tomba dei tori
E veniamo alle tombe, le nostre uniche
fonti iconografiche, insieme a pochi altri reperti; come si diceva.
Nella
necropoli di Monterozzi due sono le tombe, tra quelle conosciute, che presentano
raffigurazioni di carattere esplicitamente erotico: la Tomba dei Tori e la
Tomba della Fustigazione. La prima è uno dei monumenti più noti di tutta L'Etruria:
non vi è libro, pubblicazione o guida sugli etruschi che non ne parli
diffusamente, riproducendone altresì i famosi affreschi. La seconda è invece
pressochè sconosciuta al grosso pubblico e le sue raffigurazioni, nonostante il
soggetto sia tale da solleticare le più ardite fantasie, sono estremamente rare
nella pubblicistica: al punto che le immagini che corredano questo articolo,
alcune delle quali del tutto inedite, sono tra le pochissime disponibili in
tutta la rete.
Diciamo
subito che la fama di cui gode la Tomba dei Tori è pienamente meritata: è
infatti una delle tombe più antiche (è databile intorno alla metà del VI sec.
A.C.) e una di quelle meglio conservate. Non solo, è anche l'unica tomba
arcaica nella quale sia raffigurato un episodio tratto della mitologia greca,
vale a dire l'agguato di Achille a Troilo; e ciò la dice lunga sulla capacità di
penetrazione culturale dei greci nel tessuto connettivo dell'Etruria, pur nel
suo momento di massimo splendore. La sua scoperta risale al 1892, è quindi uno
degli ultimi rinvenimenti "storici", prima delle campagne di scavi condotte con
criteri scientifici a partire dalla seconda metà del novecento.
Il suo
straordinario fascino deriva anche dal mistero che la circonda: nessuno è ancora
riuscito a dare una spiegazione soddisfacente di quanto è rappresentato nei suoi
cicli pittorici. Fioriscono le interpretazioni: talvolta fantasiose, altre
volte plausibili, nessuna convincente. Anche noi proveremo a dare la nostra, ma
è chiaro che non ci metteremmo la mano sul fuoco.
La tomba si
compone di un'ampia camera principale, che funge da atrio, sulla cui parete di
fondo si aprono le porte di accesso a due camere laterali. Tutti gli ambienti
sono muniti di banchine alle pareti. Nello spazio, a guisa di pannello, compreso
tra le porte delle camere laterali è affrescato l'episodio mitologico ricordato,
delimitato, come un quadro nella sua cornice, in alto da una fascia policroma e
ai lati dai montanti colorati delle porte.
Il racconto
pittorico rievoca un fatto di sangue che ci riporta ai tempi dell'assedio
greco alla città di Troia. Troilo, il più giovane dei figli del re troiano
Priamo, in groppa al suo cavallo si sta dirigendo verso una fonte situata nei
pressi del santuario di Apollo Timbreo. Il giovane, completamente nudo, indossa
calzari etruschi e una sorta di curioso copricapo a coda svolazzante. La mano
destra tiene strette le redini, la sinistra sostiene una lunga lancia. Il
cavallo, slanciato e dai tratti eleganti, con alta criniera e lunghissima coda,
incede placidamente al passo. Tutto, nel paesaggio, denota pace e tranquillità:
la palma posta al centro della raffigurazione, l'acqua che dalla bocca di un
leone accovacciato scorre quietamente in una conca… Ma ecco che la scena si
anima repentinamente a sinistra: dietro la fonte, nascosto tra la vegetazione,
Achille è colto nel momento in cui sta per sferrare il suo attacco. Ha il corpo
seminudo (coperto solo da una fascia intorno ai fianchi), ma è in assetto da
guerra con schinieri, elmo e spada di fattura greca. Il suo piede sinistro è già
sul gradino della fonte; il destro, arretrato, ne sostiene lo slancio facendo
leva sulle dita. Il braccio destro è proteso in avanti, quasi a guidare
l'assalto, il sinistro brandisce in alto la spada. Il destino del giovane è
ormai segnato.
Colpisce,
nella raffigurazione, il dinamismo della figura di Achille nell'atto di portare
l'attacco proditorio contrapposto all'immagine calma e bucolica del giovane
ignaro. Secondo la tradizione il giovane troiano cercò scampo alla furia del suo
assalitore rifugiandosi nel tempio di Apollo, ma inutilmente: Achille lo
raggiunse e con gesto sacrilego lo massacrò sull'altare. La bruta violenza di
cui si macchiò l'eroe greco appare oltremodo esecrabile, se solo si pensa che
quel santuario era una sorta di terra di nessuno dove entrambe le fazioni si
recavano liberamente per sacrificare alla divinità.
Ma quale il
motivo di tanta ferocia? Secondo la tradizione Achille si era invaghito del
giovane principe, ma era stato sdegnosamente respinto: non potendo soddisfare i
suoi istinti e offeso per il suo rifiuto decise di ucciderlo. Esistono in
proposito altre versioni: Servio, ad esempio, racconta che Troilo morì per la
furia degli amplessi di Achille. Tutte, comunque, concordano sullo strazio
portato al corpo del giovane.
Questo
contesto dai toni altamente drammatici stride non poco con le immagini gaie,
allegre, si direbbe caricaturali!, rappresentate nell'ampio fregio superiore
della tomba, tra il frontone e la sommità delle porte. Si tratta dei due
notissimi gruppi erotici ai quali la tomba deve la sua fama. Ciascun gruppo,
insieme ad uno dei tori da cui la tomba prende il nome, è esattamente
posizionato, forse con funzione apotropaica, sopra una delle due porte di
accesso alle camere laterali. In mezzo vi è la scritta dedicatoria al
proprietario della tomba Aranth Spurianas.
Partendo dal
lato sinistro incontriamo un toro dalle lunghe corna a arcuate (uno di quelli
tanto comuni nelle nostre campagne) placidamente seduto e rilassato. Il toro, la
cui lunghissima coda è adagiata sul fregio, porta sul collo una sorta di
mantellina rossa e volge ostentatamente il suo sguardo verso l'esterno, vale a
dire verso chi si trovasse ad entrare nella camera, mostrandosi del tutto
noncurante rispetto alla scena che si svolge alle sue spalle. Qui un gruppo di
tre persone è impegnato in una complessa, si direbbe acrobatica!, pratica
erotica. Si tratta di due uomini e una donna. Tutti sono completamente nudi. Il
primo uomo, in piedi e in stato itifallico, penetra una donna che è sdraiata di
schiena sulla schiena di un altro uomo, posizionato carponi. La donna ha le
gambe divaricate: la gamba sinistra poggia sulla spalla destra dell'uomo in
piedi, la gamba destra è invece da questi scostata e trattenuta di lato con la
mano sinistra, mentre con la mano destra cerca di sostenere il precario
equilibrio.
Non si
capisce bene la funzione dell'altro uomo, quello carponi: ci sembra riduttivo
ritenere che stia lì a fare da sgabello! Si potrebbe allora pensare che è parte
integrante di un raffinato gioco erotico: l'uomo in piedi, in sostanza, avrebbe
di fronte a sé e in posizione, per così dire, "ergonomica", due vie alternative
per perseguire il proprio piacere, e mentre è alle prese con l'una si sprona
all'idea e alla vista dell'altra. Ciò consentirebbe di legare agevolmente
questa scena a quella successiva (ma rimane il problema del toro infuriato, come
vedremo…) e più in generale all'intero ciclo pittorico della tomba, che andrebbe
quindi complessivamente interpretato in chiave omoerotica.
Altri
elementi tuttavia, come sopra accennato, sconsigliano questa ipotesi. Qualcuno
ha allora pensato che la scena, come oggi la vediamo, sia incompleta; si è così
ipotizzata la presenza di una quarta figura: una donna seduta per terra, con le
gambe allungate sotto l'uomo carponi, e con gli organi genitali alla portata
delle sue labbra. Insomma la posizione dell'uomo carponi sarebbe giustificata
dal fatto che sta praticando un cunnilingus. Questa è anche la tesi del nostro
Omero Bordo "ultimo etrusco" che così ha riprodotto la scena nella sua "Etruscopolis"
(www.etruscopoli.it). Ma che fine ha fatto allora questa quarta figura? forse si
è deteriorata, forse è stata cancellata, forse l'artista che ha affrescato la
tomba non ha potuto ultimarla…
E veniamo al
secondo gruppo, diviso dal primo da uno spazio in cui è riportata la citata
scritta dedicatoria. Qui i soggetti sono due, in piedi, entrambi completamente
nudi, entrambi uomini e impegnati in un chiaro rapporto sodomitico. Il primo
uomo, dipinto con un colore più chiaro, è piegato in avanti e sembra sorreggersi
ad un arbusto o virgulto che stringe con la mano sinistra. Il secondo uomo, in
stato itifallico e dipinto di un color rosso scuro, lo penetra ex retro,
attirandolo a sé con il braccio sinistro mentre con la mano destra gli spinge in
avanti la testa. La gustosa scenetta avviene sotto gli occhi di un toro,
alquanto alterato, che sembra lì lì per caricare la coppia. E' posto a sinistra
dei due, in piedi e agita minacciosamente la coda: a testa bassa e con le corna
puntate sembra proprio voler guastare la festa ai due ometti, come a volerli
sciogliere da quell'abbraccio poco ortodosso!
Questa
raffigurazione è stata interpretata da alcuni, contro ogni evidenza, come prova
della grande diffusione che l'omosessualità avrebbe avuto nella società etrusca.
Eppure è lampante che il toro è infuriato! e il confronto con l'altro toro,
quello che ignora impassibile il rapporto eterosessuale, non dovrebbe lasciar
adito a dubbi. Confermiamo quanto già detto: la pratica dell'omosessualità,
seppur presente, non è mai entrata veramente nel costume etrusco.
Qualcosa,
tuttavia, potrebbe dar da pensare: il toro sarà pure in procinto di incornare,
ma intanto risulta visibilmente eccitato alla vista dei due… Inoltre il primo
ometto, quello che subisce l'atto, non sembra affatto preoccupato della piega
che stanno prendendo le cose: guarda tranquillamente in direzione del toro, del
tutto noncurante. E che dire dell'altro uomo, quello che nel rapporto ha un
ruolo attivo? non ci pare che avverta la presenza del toro come una minaccia:
anzi, del tutto indifferente, si volge addirittura all'indietro, come chi tema
di veder arrivare qualcuno da quella direzione.
Anche il toro
presenta qualche particolarità: è di colore chiaro, come quello sdraiato a
fianco del primo gruppo, ma la sua mantellina è a strisce ocra e blu e il suo
viso ha fattezze decisamente antropomorfe, con tanto di barba finta. Che sia,
come qualcuno ha ritenuto, il padrone della tomba che intende così manifestare
il suo disappunto e la sua contrarietà per certe pratiche sessuali
"d'importazione"?
A noi
tuttavia colpisce un altro particolare che passa per lo più inosservato: l'omino
che nel rapporto sodomitico ha un ruolo attivo ha la capigliatura chiusa in un
copricapo identico a quello esibito da Troilo. Anzi a ben vedere l'omino e
Troilo sono pressochè tali e quali. Non sarà, per caso, che l'omino è
Troilo? Se così fosse il ciclo pittorico avrebbe un senso unitario: non solo la
contrapposizione dei sani costumi etruschi, rappresentati dal gruppo
eterosessuale e dal toro che quietamente vi acconsente, a quelli corrotti dei
greci; ma anche lo sfottò, il lazzo satirico, la presa in giro di storie, usi e
costumi degli invadenti (culturalmente parlando) "vicini"! E' noto, infatti, che
secondo la tradizione Achille era "l'eràstes" (l'amante) e Troilo "l'eramène"
(l'amato). Nell'affresco in questione, se la nostra supposizione avesse qualche
fondamento, le parti, con poco riguardo nei confronti del mitico "piè veloce",
eroe greco per eccellenza, sarebbero invertite: come dire che Achille andò per
suonare… Il ciclo pittorico potrebbe quindi essere inteso in senso
giocoso-nazionalistico.
Vi è anche
chi ha interpretato gli affreschi della tomba dei tori alla luce di antichissime
credenze orientali pervenute in Etruria con l'intensificarsi degli scambi via
mare: la donna nuda sdraiata di schiena e con le gambe sollevate nel primo
gruppo sarebbe la rappresentazione di una pratica rituale costituente un
efficace rimedio contro la grandine devastatrice dei raccolti; il rapporto
sessuale "invertito" del secondo gruppo avrebbe a sua volta una funzione
propiziatrice in talune attività agricole, essendo volto a favorire la pratica
degli innesti nelle piante ed il buon esito delle relative coltivazioni…
Ma fermiamoci qui. Si tratta
evidentemente di interpretazioni diverse, spesso contrastanti: ma forse è
proprio in questa ambiguità, in questa ambivalenza che risiede il fascino tutt'oggi
incontaminato di questo monumento.
La tomba della
fustigazione
Si tratta di una tomba a camera unica, con volta
spiovente ed ampio columen centrale. Risale alla fine del VI secolo A.C.
Un'ampia fascia policroma, immediatamente al di sotto della volta, corre tutt'intorno
alle pareti, al centro delle quali troviamo tre finte porte dell'aldilà. I suoi
cicli pittorici, fortemente deteriorati, sono distesi negli spazi delimitati
dagli angoli delle pareti e dai montanti esterni delle tre finte porte.
Anche in questa tomba sono raffigurati due gruppi erotici. Il più interessante,
e meglio conservato, è quello dipinto nel primo riquadro della parete di destra.
Si tratta di un soggetto che sarebbe molto piaciuto a De Sade e che anticipa di
almeno duemila anni le tematiche del "divino marchese".
Abbiamo tre persone completamente nude, due uomini e una donna. La donna è in
piedi, in mezzo ai due uomini, piegata su se stessa e in posizione oltremodo
lasciva: offre il suo posteriore all'uno e nel contempo pratica una fellatio
all'altro. Il primo uomo, in piedi e in stato itifallico, la penetra ex retro
accostandola a sé con la mano destra. La mano sinistra, invece, è
sollevata in alto e impugna una verga o bacchetta, con la quale si appresta a
colpire la donna (da qui il nome della tomba). L'altro uomo sembra anch'egli in
procinto di colpire, ma con le nude mani, il deretano della donna: solleva
infatti la mano destra sopra di lei mentre con la sinistra le trattiene la
testa all'altezza del suo membro.
Il
gruppo descritto, come si diceva, è alquanto deteriorato: tuttavia il busto, la
testa, le braccia e le mani dei personaggi maschili, evidenziati dalla linea di
contorno, risaltano con sufficiente nettezza; notevole è anche l'espressione
compiaciuta che si legge sui loro volti. La donna invece è appena abbozzata:
priva di qualsiasi connotato che possa fornirci una qualsiasi indicazione di
carattere psicologico, è presentata semplicemente come una macchina per
procurare piacere.
Va
sottolineata l'estrema originalità del soggetto rappresentato: non se ne trova
uno simile, per quanto a nostra conoscenza, in tutta la pittura antica. Questa è
infatti l'unica scena a sfondo sadico tra persone consenzienti e con finalità
erotiche che ci è mai capitato di incontrare.
Una curiosità: nelle figure affrescate sulla parete, notevolmente più grandi
rispetto a quelle della tomba dei tori che occupavano semplicemente il fregio
superiore, i punti per così dire "strategici", quelli cioè in cui si consuma
l'atto sessuale, sono palesemente offuscati (si direbbe "sporcati") da grandi
macchie nere. Due, a nostro avviso, le possibili ragioni: può darsi che un
antico censore abbia voluto deliberatamente coprire quelle "vergogne" o, più
probabilmente, le macchie sono state prodotte dai tanti visitatori che nel corso
di molti lustri, con spirito goliardico o scaramantico, hanno toccato o sfiorato
con le mani quei punti, tanto da comprometterne la leggibilità. Bisogna infatti
ricordare che fino a non molti anni fa i visitatori, a piccoli gruppi e
accompagnati da un custode, potevano entrare fin dentro le camere sepolcrali. E
a quel punto la tentazione "di toccare con mano" poteva essere forte…
Come si diceva, troviamo nella tomba un secondo gruppo erotico, ormai pressochè
"evaporato" e quasi inintelligibile. Si tratta ancora una volta di due uomini e
una donna, nudi e in piedi. La donna è stretta in mezzo ai due uomini, in modo
tale da essere posseduta contemporaneamente da entrambi. Le cattive condizioni
di conservazione dell'affresco non ci consentono una lettura più esaustiva.
Quanto infine alla possibile interpretazione di questi cicli pittorici non ci
sembra che possano prospettarsi particolari dubbi: gli affreschi vogliono
semplicemente esprimere la gioia del sesso, la beatitudine del godimento
erotico, l'esaltazione e il tripudio dei sensi. Il proprietario del sepolcro era
evidentemente un gaudente, un libertino ante litteram che ha voluto portarsi
nell'aldilà le cose che tanto lo appassionavano in vita.
La
ceramica
Le due ciotole (o coppe) che pubblichiamo sono
custodite nel museo di Tarquinia e sono state rinvenute nella necropoli di
Monterozzi in una tomba del V secolo A.C. Si tratta quindi di reperti
provenienti da una tomba etrusca risalente al periodo di maggior splendore di
questa civiltà. Eppure queste coppe non sono etrusche: si tratta infatti
inequivocabilmente di due ceramiche attiche a figure rosse di cui si conosce
anche l'autore, vale a dire il Pittore di Trittolemo.
Questo tipo di reperti sono tutt'altro che rari nella necropoli tarquiniese e
pur non avendo nulla di etrusco sono comunque indicativi di un gusto o di una
"moda" comunque presenti in questa parte d'Etruria. E' pure evidente che simili
oggetti non venivano acquistati per un uso effettivo, ma per scopo decorativo
(un po’ come i piatti pregiati che in casa conserviamo nelle nostre vetrine) e
costituivano un apprezzato corredo funebre.
Il
soggetto rappresentato è un classico di questo genere: un symplegma (intreccio)
erotico tra un uomo e un'etera. La composizione è convenzionale, trattandosi di
ceramiche di genere, e il disegno assai simile in entrambe. Se ne trovano anche
con figurazioni di uomini ed efebi.
A
prescindere dall'interesse che simili reperti possono suscitare, si tratta pur
sempre di oggetti prodotti in Grecia e successivamente esportati in Etruria o
comunque realizzati da artisti greci emigrati nelle nostre terre. Tipicamente
greci sono anche personaggi, storie e vicende che vi sono rappresentati. Greco
è l'orizzonte culturale in cui si inseriscono.
Se
vogliamo trovare un vaso con esplicite raffigurazioni erotiche che sia
autenticamente etrusco dobbiamo risalire alla fine del VII secolo A.C. con il
vaso di Tragliatella (dal nome della località vicino Fiumicino in cui fu
ritrovato). Questo vaso, attualmente custodito nel museo di Villa Giulia di
Roma, è noto più che altro per la rappresentazione del suo celebre labirinto. Vi
sono comunque raffigurati con disegno stilizzato e alquanto primitivo due
accoppiamenti in un contesto storico-culturale non ben definito: è stato, tra
l'altro, detto che i disegni del vaso rievocano l'originaria migrazione dei
Tirreni in Etruria e gli accoppiamenti costituivano un modo con cui i migranti
cercavano di non pensare all'estrema penuria di cibo. Mah!
Vogliamo
infine rilevare che figurazioni con contenuto, in senso lato, erotico si trovano
talvolta incise nella parte posteriore degli specchi. Si tratta tuttavia di
raffigurazioni di genere concernenti perlopiù personaggi e vicende della
mitologia greca, e quindi poco interessanti ai nostri fini. Ne daremo un esempio
in appendice. Così pure abbastanza comuni sono le riproduzioni in terracotta di
organi genitali maschili e femminili con funzione votiva (proprio come le
manine, i piedi, i cuoricini utilizzati quali ex-voto nei nostri santuari). Non
avendo tuttavia questi oggetti finalità erotiche sono poco rilevanti per la
nostra ricerca. |