Luciano Bonaparte, un personaggio inquieto

Parte prima

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di Gianfranco Landi

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Pietro cercò di ravvivare la tenue fiamma, che stentava a prendere vigore, perché la legna sistemata alla meglio nell’enorme camino non era ben asciutta, fuori dal cascinale l’aria era fredda, soprattutto per la pioggia che già cominciava a cadere con maggiore insistenza, sferzata da una tramontana sempre più aspra con l’ avanzare della mattina. I vetri polverosi dell’ unica finestrella vibravano senza sosta e le spesse ragnatele, che denotavano una scarsa frequenza umana in quell’ambiente isolato nella contrada dì Pianiano, si gonfiavano senza lacerarsi.

Pietro stava appoggiato al suo lungo fucile, intento a scegliere il legni più secchi per consolidare la fiamma che ora incominciava a crepitare con più allegria. E sì!! Da un po' di tempo il buon Pietro era costretto ad appoggiarsi ad un sostegno, te fitte gli ricordavano quella tremenda battaglia in Olanda, dove una granata di cannone lo ferì al piede destro, poco sotto il ginocchio. Per  il suo ardimento in battaglia Napoleone gli riconobbe la "Legion d'onore". Ora era tempo di rovistare nel tascapane per estrarre le provviste accuratamente preparate per sé e per il suo compagno seduto nei pressi del tavolaccio, posto al centro della stanza. Senza rivolgergli la parola, mentre accudiva al fuoco, di tanto in tanto gli lanciava, con la coda degli occhi, una sbirciatina, che dimostrava tutto l’ affetto ed il senso di protezione che lui, Pietro Miccinelli, l’amico inseparabile, doveva nutrire per quell’uomo ormai avanti negli anni: Luciano Bonaparte Principe di Canino.

Quel giorno i due amici erano andati nel casino di caccia di Pianiano insieme ad altri Caninesi per la consueta "cacciarella " al cinghiale. La preda non era stata molto cospicua e, quando la comitiva fu costretta a sciogliersi nella tarda mattinata, soprattutto a causa della pioggia, il Principe Luciano congedò tutti i cacciatori e preferì rimanere nel cascinale con l’ amico Pietro Miccinelli, in attesa della carrozza che sarebbe giunta a prelevarli nel 'primo pomeriggio di quella fredda giornata di Novembre del 1839.

Ora la fiamma si levava alta nel camino e già cominciava a formarsi la prima bra­ce, che il buon Pietro, di tanto in tanto accantonava con cura, mentre ruotava la graticola in mezzo alla fiamma per ripulirla da eventuali incrostazioni e renderla purificata e pronta all’uso. L'aria della stanza si era ormai riscaldata a sufficienza, per cui il Principe Luciano si tolse uno stivale, estrasse il suo coltello da caccia e, con la punta, cominciò ad eliminare il fango che ricopriva interamente la suola ed il bordo della tomaia. In silenzio, Pietro condiva, con arte, la carne da cuocere alla griglia, mentre Luciano, era intento nell’operazione di pulizia, completamente assorto nei suoi pensieri, adoperando con una certa difficoltà, il lungo coltello ben affilato. Improvvisamente lo scroscio dell’ acqua si fece più intenso, tanto da trasformarsi in vero e proprio temporale, alla sinistra luce di un lampo, seguì immediatamente un tuono fragoroso e tutto il cascinale vibrò, scuotendo il silenzio dei due. Dopo un attimo di pausa, Pietro riprese la sua delicata faccenda attorno al camino, mentre Luciano, con il coltello sospeso a mezz'aria, gettò lo sguardo attraverso i vetri ormai lavati dalla pioggia e potè vedere uno dei due salici piangenti spezzato di netto dalla violenza del fulmine. Peccato! Luciano li aveva fatti venire con tanta cura da Sant’Elena, molti anni dopo la morte di suo fratello. ..I due salici... il volto del fratello... ora sembravano comporsi e scomporsi, per riapparire nuovamente fluttuanti, tra le sinuosità della fiamma.

 



La copertina della pubblicazione
 



Disegno di Carla Castrini

Luciano Bonaparte

«Viva Bonaparte!...» - gridai quel pomeriggio del 18 brumaio 1799 davanti alle due camere. Ero proprio riuscito nell’intento, in quel lontano giorno. Avevo con­quistato, alla causa di mio fratello e mia, gran parte dell’ Assemblea, di cui io ero il presidente: si originò così il Consolato con Napoleone, Sieyès e Ducos; ma che giornate tremende quelle del 18 e 19 brumaio! Furono la conclusione e l’inizio di una storia... di amore e di odio, ma tra me e mio fratello era soltanto incomprensione...Una fitta nebbia si addensa sulle cause delle prime incomprensioni sorte tra noi due. Rammento appena...

Oh! Mi sembra di rivedere tra le fiamme che guizzano, quegli occhi adorati, il bel volto della mia cara Cristina. ..Eravamo a Marsiglia nell’ Agosto de1 1793; Marsiglia era stata ripresa ed i Monarchici annientati. Il 5 Settembre fui nominato dal generale Carteux soprintendente alla sussistenza a Saint-Maximin. I  1200 franchi l’anno, erano preferibili alla miseria! Questo posto non conveniva alle mie attitudini, ma il salario trionfò su tutto e mi fece... il più ricco della famiglia.

A Saint-Maximin presi pensione presso l'albergatore, Signor Andrea Boyer, che teneva la locanda insieme alla moglie Enrichetta Cappelle e le due figlie Cristina Maria Teresa. Ero un ardente giacobino e trascorrevo le mie giornate al circolo rivo­luzionario della piccola borgata, provavo a fare l'attore: organizzavo commedie rivoluzionarie nella locanda e recitavo anche nel ruolo di Bruto. Il 18 Dicembre 1793 venne riconquistata anche Tolone, dove mio fratello si coprì di gloria. Ohi... dolce Cristina Boyer! Ti rivedo con gioia... mi innamorai di te, ti amai con tutta l’ anima: rivedo tuo padre e... che emozione provai, quando, nella primavera del 1794, mi recai da lui a chiedere la tua mano. Da parte mia nessun problema se tu avevi due anni più di me. Non mancarono certo i pettegolezzi, che mi addossarono la colpa di averti sedotta e di doverti sposare in fretta.. .Nel coro dei commenti malevoli ci si mise anche mio fratello Napoleone: «E' più onesta la moglie...» -andava dicendo in giro, - «di quanto non lo fosse il marito!».

Poi il matrimonio: era il 4 Maggio 1795. Ci presentammo davanti al Magistrato di Saint-Maximin per contrarre il matrimonio... ricordi? Non sapevi scrivere ed apponesti un segno di croce sul documento, ma imparasti a scrivere in breve tempo. Mia madre rimase molto dispiaciuta perché non l’avevo nemmeno avvertita. Napoleone poi, al solito,andò su tutte le furie di fronte al mio spirito indipendente e dichiarò che si rifiutava di riconoscere il nostro matrimonio. Mia adorata Cristina!... Tu hai seguito amorevolmente tutte le mie traversie, nella buona e nella cattiva sorte. Era il febbraio 1797 quando sbarcammo a Bastia con la nostra figlioletta Lilli Cristina. Tu eri incinta per la terza volta. Conservo sempre con me la copia della lettera (l’ho imparata a memoria), che volesti scrivere a Napoleone:

"La mia prima figlia è nata in un tempo che voi eravate irritato verso di noi. Sono ansiosa che presto possa accarezzarvi, per ripagarvi del dispiacere che vi causò il nostro matrimonio. Il secondo figlio non era nato. Lasciata Parigi, die­tro vostro ordine, ho abortito in Germania. Tra un mese spero di donarvi un nipote. Una felice gravidanza ed altri particolari, mi fanno sperare che sarà un maschio. Vi prometto di avviarlo alla carriera militare, ma desidero che porti il vostro nome e che voi ne siate il Padrino. Spero non vorrete rifiutare questo... a vostra sorella. Poiché siamo poveri... non vorrete disprezzarci, in fin dei conti siete nostro fratello: i miei figli sono vostri nipoti e noi vi amiamo più dei nostri beni. Possa io un giorno testimoniarvi tutta la tenerezza che ho per voi! Fratello".

 

 

 

 

Mio fratello nemmeno ti rispose: del resto, il nostro bimbo non visse più del precedente. .. e lui aveva da fare. L'anno successivo fissammo dimora a Parigi dove fui eletto Deputato. Che soddisfazione! 100 voti su 110 elettori. Con il nuovo incarico cambiò anche la mia posizione economica. Ben presto mi desti alla luce un’ altra bambina...la nostra "Lolotte". Poi... il terribile male. ..In attesa del quinto figlio: oh, mia dolce Cristina sorridente e rassegnata, rendesti l'ultimo respiro a Dio, nella nostra residenza di Plessis-Chamant, assistita solo da mia madre Letizia e da Loretta Plemon. Io giunsi quando eri ormai spirata e mi disperai... era il 14 Maggio 1800.

Ora riposi nel parco del castello di Plessis e sulla tua tomba feci apporre l'epigrafe: "Amante, Sposa e Madre senza peccato".

Mia sorella Elisa si prese cura delle bambine. Io per tre mesi, incurante dei richiami dei Superiori, mi chiusi in una solitudine profonda, tanto da chiedere un'aspettativa, Tutti i giorni mi recavo sulla tua tomba, oh mia dolce Cristina! Non ti ho mai dimenticata.

Appena mi stabilii in Italia, feci erigere alla tua memoria, una statua nel giardino di Musignano, simile a quella che avevo fatto innalzare dal Marin nel parco dei Plessis. Che emozione! Mi si sono inumiditi gli occhi. "Inumiditi... bagnati", oh questi Caninesi!

Narratore

«Caro Principe...» - ruppe il silenzio Pietro Miccinelli facendo uscire Luciano per un istante dai suoi profondi pensieri - «Caro Principe, queste bistecche non saranno squisite come quelle che la Principessa Alexandrine fa preparare dalle Vostre cuoche, ma credo che Vi riusciranno abbastanza gradite, almeno a giudicare dal buon profumo che si spande nell'aria». Luciano annuì appena, insieme ad un sorriso di approvazione e di incoraggiamento per l’ improvvisato cuoco. Ma quel nome appena pronunciato lo fece nuovamente precipitare nei suoi pensieri, mentre si toglieva l’altro stivale per ripulirlo dalle incrostazioni fangose.

 

Luciano Bonaparte

Già. . .Alexandrine. . . Da tanti anni ormai Alexandrine aveva preso accanto a me il posto della dolce Cristina! Fu un colpo di fulmine. Ero vedovo da circa tre anni e trascorrevo il tempo tra le mansioni senatoriali ed i salotti parigini. E’  qui che conobbi Alexandrine De Bleschamp, la vedova Jouberton. Sì, fu proprio un colpo di fulmine. . . Cominciammo a vederci qualche volta, poi più assiduamente, ma sempre di nascosto, attraverso un sotterraneo di circa 100 metri, che io stesso avevo fatto scavare tra la mia abitazione e quella, posta al n° 67 di piazza del Palazzo Legislativo, che avevo preso in affitto per lei. Quante peripezie affrontate insieme ora riaffiorano nella mia mente!

Ci nacque il primo figlio, Carlo Luciano, ce lo battezzò a Charmant il prete Perrier, che ci unì anche in matrimonio: era l’ alba del 25 Maggio 1803. Che mese il mese di Maggio! Quello che mi era stato tolto il 14 Maggio 1800, ora il 25 faggio 1803, mi veniva restituito: l’Amore. Mio fratello era all’ oscuro di tutto questo, ma credo che fingesse di ignorarlo perché aveva altri progetti per me... lui! L'occasione per pensare a farmi sistemare gliela dette la morte di Lodovico I, Re d’Etruria, avvenuta due giorni dopo il mio matrimonio, il 27 Maggio 1803; alla vedova, l’infanta Maria Luisa di Spagna, toccò reggere la Toscana per il figlio ancora bambino, Carlo Lodovico. Questa Maria Luisa era una donna ignorante, straordinariamente bassa e, per colmo di sfortuna, gobba e zoppa. Il mio "grande fratello" non si arrese di fronte a nulla e pensò che fosse la donna ideale per me! Ricordo che, quando Napoleone me lo propose, riuscii a mantenere la calma e gli risposi: «Voi mi conoscete assai poco, fratello, per pensare che possa sposare una donna brutta, e peggio ancora Regina! Sapete che sono Repubblicano! Che razza di mestiere vorreste farmi fare?» Napoleone tacque, voltò le spalle e mi fasciò solo: doveva essere infuriato a morte!

 
 


 

Disegno di Carla Castrini

 

 

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