Nipote d’arte
Capita non di rado che i nostri lettori oltre
a congratularsi per il nostro lavoro ci offrano spunti di
ulteriori ricerche ponendoci domande e questioni.
La cosa ci fa naturalmente piacere e noi
cerchiamo sempre di rispondere su tutto, ma trattandosi
spesso di richieste provenienti da persone motivate ed
esperte talvolta i quesiti risultano di notevole difficoltà
e quindi tutt’altro che agevoli da soddisfare.
L’ultima volta per esempio avevamo quasi
gettato la spugna: un lettore non italiano ci aveva chiesto
se esistono fotografie del brigante Luciano Fioravanti,
“nipote d’arte” visto che suo zio era il famigerato Domenico
Biagini, compagno di galera e di nefandezze del ben più noto
Tiburzi.
Luciano Fioravanti, che di Tiburzi divenne il
fido compagno dopo la morte dello zio, rispetto al vecchio
bandito era solo un “pischello”: aveva infatti ventuno anni
in meno. Tiburzi lo volle con sé probabilmente per la sua
giovinezza e prestanza, ma ancor più per la sua
straordinaria ferocia. Per accoglierlo nella banda c’era
infatti da pagare pedaggio e la prova
voluta da Tiburzi per saggiare fedeltà
e efferatezza del nuovo arrivato fu quella di fargli
uccidere il suo amico più fido, brigante pure lui, Demetrio
Bettinelli detto “il Principino”, che di Fioravanti in quel
momento era ed era stato per anni fedele compagno alla
macchia.
Fioravanti non se lo fece ripetere e nel giro
di qualche giorno, alla buona occasione, fece fuori
proditoriamente l’ex sodale, sparandogli direttamente in
fronte. Inizia così una nuova sanguinosa stagione che vedrà
la sua conclusione solo nel giugno nel 1900 allorché a
Fioravanti, a
soli 43 anni, fu reso quanto aveva dato: fu
infatti assassinato a tradimento da mano amica, quella di
Gaspare Mancini, di professione contadino e fruttivendolo,
che non se la sentiva di unirsi alla banda, come sembra
Fioravanti volesse imporgli.
Cinico destino, quello del Fioravanti: era
uscito indenne dall’agguato alla macchia di Gricciano, dove
i Carabinieri chiusero il conto col Biagini; e da quello,
ben più celebrato, del casale alle Forane di Capalbio, dove
i valorosi militi resero lo stesso servizio a Tiburzi, per
beccarsi un colpo ben mirato alla nuca da parte di un
recalcitrante amico, per nulla convinto di darsi alla
macchia; e il quale, per inciso, intascò pure la cospicua
taglia che sulla testa del bandito pendeva.
Foto di bandito mort’ammazzato
in posa
Tornando al nostro spunto iniziale occorre
rilevare che foto dei briganti, in genere, sono tutt’altro
che frequenti. Vivendo alla macchia, evidentemente, la loro
ultima preoccupazione era quella di documentare le proprie
gesta. Senza contare che una “foto segnaletica” avrebbe
facilitato il compito di chi dava loro incessantemente la
caccia, ovvero gli intrepidi carabinieri.
Non solo, il fascino del brigante era tutto
nella sua inafferrabilità ed evanescenza: te lo trovavi
repentinamente davanti, nell’intreccio dei sentieri alla
macchia, con coltellaccio alla cintola e fucile imbracciato,
e capivi che era lui. A quel punto sopravviveva chi sparava
per primo (e colpiva il bersaglio). Tante volte, purtroppo,
a finire sui rovi furono gli eroici militi. Ma alla fine i
conti tornano sempre e ben pochi furono i banditi cui fu
dato di finire i loro giorni sul proprio letto, seppur
nelle angustie di una cella.
Ciò spiega perché la gran parte delle foto a
noi pervenute siano tutte state realizzate dopo la morte
cruenta del brigante, in un estemporaneo set allestito lì
per lì dai carabinieri per documentare l’evento e
soprattutto quale monito ai briganti ancora uccel di bosco e
ristoro morale per parenti e amici delle vittime.
La stessa cosa toccò anche al Fioravanti:
dopo la sua uccisione nel podere Lascone in quel di Manciano
fu, a mò di cinghiale, legato ad una scala a pioli e issato
in bella posa, addossando la scala alla parete della
chiesetta dell’Annunziata. Fu poi chiamato il fotografo per
documentare “la caccia”, ma questa volta – chissà, forse per
l’emozione – la mano doveva proprio tremargli, tant’è che fu
particolarmente maldestro. Riuscì a scattare due foto, una
peggiore dell’altra. Essendo la prima troppo scura cerco
infatti di schiarirla, peggiorando la situazione. Meglio
così, almeno ci è stata risparmiato l’orrore del volto
straziato del bandito.
Giuseppe Moscatelli
Si ringrazia lo studioso Giuseppe Bellucci
per aver fornito le foto
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