Alessandro Farnese Jr., che non divenne papa
Principe della Chiesa
|
|
Vai a parte:
1 | 3 |
4 |
Parte Seconda |
 |
di
Giuseppe Moscatelli |
 |
|
Se qualcuno si chiede come
potesse il cardinale mantenere la sfarzosissima corte a cui si
accennava, diciamo che non gli mancavano le rendite. E poi a che
servirebbe avere un nonno papa, soprattutto un nepotista come
Paolo III? Quantomeno a fare il pieno di cariche e onori: da
Parma (di cui Alessandro jr. fu amministratore) a Monreale (di
cui divenne vescovo), passando per Ancona, Massa Marittima,
Spoleto, Tivoli, Bitonto... un vero e proprio giro d’Italia
spiritual-affaristico con molteplici capatine all’estero (Alessandro
fu anche amministratore di Jaen, Cavaillon, Viseu e del
Patriarcato di Gerusalemme; fu legato di Avignone e presso la
corte imperiale). Non gli difettavano intelligenza, acume e
diplomazia: fu il braccio destro di Paolo III, il suo “inviato
speciale” presso corti, re e imperatori. Se qualcuno però pensa
che la sua fortuna fu tutta legata al nonno-papa è decisamente
fuori strada: Alessandro jr. fu molto stimato e riscosse
consensi anche da parte dei suoi successori che a loro volta gli
conferirono numerose prebende e incarichi.
Pur grandemente versato nelle arti diplomatiche, fu uomo di carattere e
seppe dire no all’occorrenza, soprattutto quando erano in ballo
gli interessi di famiglia (in questo degno epigono dei suoi
avi). Esemplare, in proposito, è la vicenda che nel 1551 lo vide
contrapposto a papa Giulio III, successore di Paolo III, il
quale pensò di inviarlo in missione nel ducato di Parma e
Piacenza per ottenere la restituzione allo Stato Pontificio
delle città emiliane che Paolo III aveva eretto in ducato
insediandovi il figlio Pier Luigi, ed ora in potere di Ottavio,
fratello del “gran cardinale”. Si trattava chiaramente di una
“missione impossibile”: poco più di un anno prima Ottavio aveva
preferito far morire di crepacuore il nonno (il quale comunque
stava già male del suo) piuttosto che cedere ad una analoga
richiesta. Giulio III però confidava nella capacità negoziatrici
e nelle doti persuasive del cardinal Farnese per scalzare il
riluttante Ottavio.
|

Paolo III in un dipinto nella Chiesa del Gesù a Roma
|
|
|
|
|

Il card. Alessandro Farnese jr. in un dipinto nella Chiesa del Gesù a Roma
|
|
Alessandro, da fine politico
quale era, fece forse credere a Giulio III che si sarebbe
adoperato in tal senso: fatto sta che al momento opportuno si
schierò decisamente con Ottavio e con gli interessi di famiglia,
mandando al monte il piano del papa. Ne seguì inevitabilmente
una deflagrante rottura, al punto che il “gran cardinale”,
fiutando il pericolo, dovette scappare da Roma per rifugiarsi a
Urbino presso la sorella Vittoria, che di quella città, come
ricordato, era duchessa. Il papa, da parte sua, furibondo per la
beffa subita dai fratelli Farnese, reagì in modo vandalico
mettendo sotto sequestro la diocesi di Monreale (di cui
Alessandro era vescovo) e facendo vendere all’asta i mobili di
Palazzo Farnese, dai quali ricavò la bella cifra di 30.000
scudi.
L’esilio di Alessandro durò oltre un anno, e possiamo immaginare quanto
questa brusca frenata alla sua irresistibile carriera gli sia
pesata, ma, in qualche modo, anche lui sacrificò il suo
interesse personale a quello generale della famiglia. Giulio III
comunque, non potendo fare a meno di una personalità come la
sua, alfine lo richiamò a Roma, riappacificandosi; dopoché lo
spedì in Francia, presso la corte di Enrico II, della cui figlia
era peraltro cognato, avendo questa sposato suo fratello Orazio.
Il “gran cardinale” poté così riprendere la sua intensa, nonché
gaudente, vita diplomatica.
|
|
Un’altra, seppur accidentale,
battuta di arresto alla sua ascesa fu dovuta ad una vicenda tra
il goliardico e il calunnioso di cui fu vittima. Quel fanfarone
di Pasquino, il più delle volte espressione dell’invidia sociale
di chi non riusciva a far parte del “giro” piuttosto che del
genuino sentimento del popolo, lo accusò con il solito scritto
anonimo di sodomia (in sostanza qualcosa di molto simile a
quello che noi oggi intendiamo per pedofilia). Papa Paolo IV
Carafa, che era succeduto a Giulio III dopo i pochi giorni di
pontificato di Marcello II, non poté, seppur a malincuore, che
chiuderlo in prigione. E diciamo “a malincuore” perché quel
pontefice già nel nome aveva voluto manifestare la sua
riconoscenza a Paolo III, da cui era stato fatto cardinale, e
alla famiglia Farnese i cui esponenti in conclave (ben quattro,
considerando i tre nipoti di Paolo III e il suo “figlioccio”
Tiberio Prisco) avevano contribuito alla sua elezione.
Alessandro Farnese jr. si ritrovò così “ospite” in Castel Sant’Angelo,
proprio come settant’anni prima era successo al suo illustre
omonimo Alessandro Farnese sr. A lui però non fu necessario
fuggire rocambolescamente calandosi dalla finestra: dopo
un’accorta istruttoria - pesava inevitabilmente il ricordo del
suo lussurioso genitore - fu pienamente prosciolto da ogni
accusa e riacquisto libertà e onore. |
|

Il Palazzo Farnese di Roma
|
|
|
|
Vai a parte:
1 | 3 |
4 |
 |
|
|
|
|