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La Città

  Vulci fu una delle dodici grandi Città-Stato dell'Etruria, e deve la sua nascita alla presenza umana che fin dal periodo neolitico si attestò lungo la valle del Fiume Fiora e sulle colline circostanti. Gli insediamenti in questa zona diventano ancor più numerosi nell'Età del Bronzo e, soprattutto, nel periodo villanoviano di cui rimangono alcune ricche necropoli (IX-VIII sec. a.C).

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Pianta della civita
 

  Nonostante ciò, nella prima metà del VII sec. a.C. Vulci conosce un periodo di ristagno, che non colpisce, invece, le altre città etrusche della costa.
La ripresa avviene sul finire del VII sec. a.C. ben documentata dall'aumento delle tombe e dalla ricchezza dei corredi.
In questo periodo i diversi villaggi villanoviani sono pressoché scomparsi, fusi in un unico centro urbano situato su un pianoro alla destra del fiume Fiora, ovvero Vulci.
Nel VI sec. a.C. Vulci diviene una delle più ricche città dell'Etruria, ed inizia ad elaborare un piano di espansionismo territoriale. A testimonianza di questa nuova fase troviamo la saga di Mastarna e dei fratelli Aulo e Celio Vibenna, mirabilmente illustrata negli affreschi della Tomba François. Questi guerrieri vulcenti intrapresero un'azione bellica contro la nascente Roma e la dinastia tarquinese che vi regnava, coinvolgendo nell'impresa anche altre città.
Con un colpo di mano riuscirono a spodestare Tarquinio Prisco, e Mastarna assunse il potere ed un nuovo nome: Servio Tullio. Egli divenne un accorto riformatore, tanto da essere ricordato come "il secondo fondatore di Roma".
 

  In questo periodo Vulci raggiunse la massima potenza, e la sua giurisdizione si estese su un territorio molto vasto a cavallo tra il Lazio e la Toscana. La foce del Fiume Fiora era il punto di partenza per gli intensi scambi commerciali con l'Oriente e la Grecia. Scambi che si manifestano anche in campo culturale e artistico, dando luogo ad una massiccia importazione di ceramiche attiche, corinzie e ioniche, ma anche all'apertura di locali scuole ceramiche. Di non minore importanza è la scultura, e gli artisti di Vulci creano, nel nenfro, sfingi, leoni, centauri. Da non dimenticare l'alto livello dei bronzisti vulcenti, eredi e continuatori della tradizione villanoviana.

 


Vulci - Vista dall'alto


  Dalle officine di Vulci escono dei veri e propri capolavori, come quelli rinvenuti nella Tomba del Guerriero (fine VI secolo a.C.). Nel 280 a.C. Vulci viene sconfitta dal console romano Coruncanio, sette anni dopo Roma la priverà del suo sbocco al mare e di una cospicua parte del suo territorio. La decadenza della città, a questo punto, deve essere stata abbastanza rapida anche perché Livio non la inserisce tra le città etrusche che, nel 205, contribuirono alla spedizione di P. Cornelio Scipione.
Sopravvive ancora nel periodo imperiale, e nel IV sec. d.C. diviene sede vescovile, nel periodo longobardo, però, è ormai completamente abbandonata.

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