I due cenotafi della Cappella Bonaparte a Canino

Le fonti letterarie


 

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di Giulia Item

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  Nello studio alla ricerca di elementi certi che possano chiarire il rapporto che legò Luciano Bonaparte a Laboureur, rapporto dal quale scaturì la realizzazione di ben due opere, può essere utile passare in rassegna i testi che hanno dedicato dello spazio a quest’argomento.
Una delle prime pubblicazioni ad occuparsi dei cenotafi, fu l’enciclopedia di G.Moroni (1840-79) [nota1]. Questi, con il suo Dizionario, detiene infatti il primato della descrizione delle due sculture, e lo fa attraverso le parole di Marocco, un altro famoso erudito dell’epoca. Marocco [nota2] ebbe l’opportunità di visionare le due opere ancora inerite nel loro “luogo primitivo”, ovvero la cappella privata nel castello di Musignano, ancor prima della scomparsa del principe di Canino.
 
 



Pittura di Jean Baptiste Wicar, "Ritratto di Francesco Massimiliano
Laboureur", olio su tela
IMMAGINE TRATTA DA: www.accademiasanluca.it
 
 

 
 
  L’autore ritiene, tra l’altro, che la donna dolente seduta sull’urna dedicata alla prima moglie di Luciano, sia una raffigurazione della stessa. Questo è un elemento che appare per la prima ed unica volta in quanto, nei testi successivi la figura femminile sarà sempre individuata come la Malinconia. Ciò che però occorre sottolineare con più forza nel testo, sta nel fatto che già allora le due opere furono attribuite alla mano di F.M.Laboureur.
Nella letteratura dell’inizio del secolo, in particolar modo in alcune pubblicazioni locali caninesi, si trovano già dei più diretti riferimenti al fatto che Laboureur sia stato il creatore dei tributi alla memoria dei familiari di Luciano [nota3]. In A. Donati (1921) si legge: “(...) degne di ammirazione in quella Cappella (cappella Bonaparte nella Collegiata, N.d.R.) le sculture di Massimiliano Laboureur, rappresentanti Carlo, padre di Luciano, e Cristina Boyer, prima moglie di Luciano; (...)”. Nella pubblicazione di Serafini (1920), l’attribuzione allo scultore franco-romano é data per scontata, mentre si pone l’accento su quelle che furono le successive collocazioni dei monumenti, sino ad arrivare a quella attuale nella Collegiata di Canino [nota4].
  Alla stessa categoria di scritti, anche se più recente, appartiene il testo di Lotti (1974): qui, anche se in maniera estremamente telegrafica, viene confermata la medesima ipotesi attributiva [nota5].
In altri casi viene dato minimo rilievo alle opere, né alcun nome é citato come autore. Infatti, nella biografia dedicata ad Alexandrine de Blechamp a cura di Fleuriot de Langle (1939), le due sculture vengono appena citate in relazione alla data della loro celebrazione ufficiale (1806), e soprattutto in relazione al fatto che esse furono spostate nella nuova Cappella Gentilizia voluta dalla Principessa di Canino [nota6].
G.Hubert [nota7] (1964) non mette esplicitamente in relazione i due cenotafi con la figura di Laboureur, a cui dedica ampio spazio, ma cita una lettera che potrebbe far pensare a qualche collegamento tra le sculture citate e quelle di Canino. La missiva, tratta dalla corrispondenza tra Napoleone III e Alessandro M.Laboureur, figlio e collaboratore dello scultore, contiene alcune descrizioni di opere che il figlio afferma gli siano state lasciate dal padre. Tra queste, un busto “colossale” di Carlo Bonaparte e un busto di Cristina Boyer . Se questa dichiarazione fosse stata considerata affidabile, avremmo almeno una base documentaria che possa andare a rinforzare l’ipotesi di cui si é cercata conferma nei testi analizzati fin qui. Si ricordi, infatti, che le affermazioni riscontrate in questi ultimi non appaiono supportate da alcun tipo di documentazione, sia privata che ufficiale.
 
  Tornando dunque alla lettera proposta da Hubert, egli stesso ‘smantella’ l’ipotesi di una corrispondenza tra le opere in quanto afferma che già nel 1860 il Nieuwerkerke respinse l’identificazione dei due busti fatta da Laboureur junior, ritenendo più probabile che il busto maschile fosse il modello per una statua di Napoleone, mentre quello femminile potesse essere individuato come una copia da Houdon (probabilmente il busto conservato al Museo Napoleonico). In definitiva, questo documento non offre notizie vantaggiose circa la paternità dei due cenotafi.
  Infine, la questione dell’attribuzione diventa ancora più problematica se si pensa alla confusione che ha creato il fatto che, negli anni della realizzazione dei cenotafi si trovò a lavorare per Luciano anche un altro noto scultore dell’epoca, il cui stile risultò altrettanto vicino alla maniera di Canova: Joseph-Charles Marin. Questi si occupò principalmente dei restauri delle opere venute alla luce durante gli scavi tuscolani patrocinati dal Senatore durante i primi anni in Italia (1804-1810), ma accanto a questo tipo di lavori Marin realizzò anche alcune opere originali, tutte incentrate sui ritratti delle figure della famiglia Bonaparte [nota8]. Per questo motivo si verifica, almeno in un paio di testi, che le sculture dedicate a Carlo Bonaparte e Cristina Boyer vengano attribuite a Marin. Si legga, infatti, nella recentissima pubblicazione di M.Natoli [nota9] (1995) la parte dedicata a questo artista, in cui l’Autrice conferma, sulla scorta di quanto è affermato da Pecchiai (1955), che suoi sono i due cenotafi.
Quest’ultimo aspetto, però, viene messo in secondo piano dalle numerose testimonianze a favore di Laboureur.
Anche se la maggior parte dei testi dedicati alle opere della Cappella Bonaparte sono dunque d’accordo sull’attribuire allo scultore franco-romano i due cenotafi, talvolta al lettore può sembrare che essi tendano a riprendere esplicitamente le notizie tratte dai testi più ‘antichi’: in questo modo si ha l’impressione di leggere una serie di citazioni derivate da un’unica ‘matrice’. Ciò non può che supportare ulteriormente l’ipotesi originaria di attribuzione, soprattutto se si tiene presente che il ‘capostipite’ tra gli autori poté visionare le opere con il committente ancora in vita.
 


 


 

 
 

 

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Note:
1 G.Moroni, Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiiastica, Venezia 1840-79, v. Indice voll.CIII, pagg.76-77.
2 G.Marocco, Monumenti dello Stato Pontificio, Roma 1836, vol.XIII, pag. 78.
3 Cfr. A.Donati, Una gita nell’Agro Vulcente, Pisa 1909; A.Donati, Luciano Bonaparte principe di Canino, Canino 1921; A.Donati, Canino, in «Alma Roma», marzo 1931, pag.35.
4 M.Serafini, Musignano, Roma 1920, pag. 162.
5 L.Lotti, Tuscania e Canino, in «Alma Roma», n°1-2, pagg.60-63.
6 P.Fleuriot de Langle, Alexandrine de Blechamp, princesse de Canino (1788-1855), Parigi 1939, pag.389.
7 G.Hubert, op. cit.., pag.168.
8 Tra le opere realizzate da Marin per la famiglia Bonaparte due ritratti di Luciano e Alexandrine, oggi conservati in Collezione Privata, nonchè quattro busti in bronzo raffiguranti i figli dei coniugi Bonaparte, oggi conservati al Museo Napoleonico a Roma. Per i lavori di Marin sotto la committenza di Luciano Bonaparte, cfr. anche: AA.VV., Correspondance des directeurs de l’Academie de France a Rome, n.s. II 2, Roma 1984, pag.924.
9 M.Natoli, Luciano Bonaparte,le sue collezioni d’arte, le sue residenze a Roma, nel Lazio, in Italia (1804-1840), Roma 1995, pag. 60.