Omaggio ad un poeta del popolo

 

Ruggero Bonifazi detto Tredicino nel ricordo dei poeti suoi amici

 

 

di Giuseppe Moscatelli

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    I nostri lettori conoscono già la straordinaria figura di Ruggero Bonifazi detto Tredicino, poeta popolare caninese di cui tra pochi giorni ricorre il sedicesimo anniversario della morte, avvenuta infatti il 10 maggio 1987. Nella sezione "personaggi" di questo sito abbiamo già pubblicato alcune tra le sue più interessanti composizioni.
   Ruggero Bonifazi nacque a Piansano nel 1908 da padre piansanese e madre cellerese, ma ben presto la sua famiglia si trasferì a Canino e in questo paese ha trascorso tutta la sua vita di contadino schietto e sagace.
Fu analfabeta e poeta.
Le due cose non sembrino in contraddizione: se la poesia è "schiuma dell'anima" ciò che distingue il poeta non è una cultura accademica o la padronanza di articolati mezzi espressivi. Esser poeta vuol dire anzitutto saper leggere la propria anima e trasfonderne i moti più intimi. Si è poeta quando l' "io" narrante diventa l' "io" di chi legge. Tredicino, analfabeta, è stato un poeta del popolo, espressione genuina della propria terra e della sua gente.
La sua cifra distintiva era l'allegria: non che fosse una persona tendenzialmente ilare - molti lo ricordano ancora vecchio e assorto nei suoi muti pensieri- più semplicemente Ruggero portava allegria: 
"Fosti il più allegro di tutto il paese
con le solite argute barzellette…" 


scrive Araldo Moscatelli nel suo libro "il Viaggio", qualificando come "poeta satirico" il compianto amico. 
"Vitale ed esplosivo nella compagnia" lo definisce Roberto Selleri nell'introduzione al volume "Satiro Allegro" che raccoglie la trascrizione di molte delle poesie e canzoni che Ruggero, da autentico aedo dei nostri tempi, stipava nella sua memoria, tramandandone oralmente la conoscenza di paese in paese, di festa in festa, di brigata in brigata. 
C'è la maremma nei versi di Tredicino: non la Maremma oleografica e romantica dei casali, dei vip e degli artisti. C'è la maremma di-chi-andava-a-maremma, con le scarpe rotte e per un tozzo di pane. La maremma del sudore, della fatica, della sveglia al baluginare dell'alba, dei capoccia che vogliono comandare. Ma anche dei paesaggi incontaminati e quasi primitivi, del riposo all'ombra di un cerro o di un olivo, del pranzo con pane e cacio e con la boccia di vino da bere a tonfo sempre pronta nella catana.
E "Ricordi di Maremma" si intitola il libro dove Anchise Cordeschi di Piansano ricorda l'amico scomparso con commoventi parole: 
"Ruggero come voi che io me scordo
de tutte l'ore liete che c' hai dato…
Quante storielle ci hai raccontato!…
Quante serate belle, quanta allegria!…"
.

Ancora lo stesso autore si rivolge all'amico con accenti lirici in un'altra poesia dello stesso volume:
"Ruggero, ancora ti vedo a cavallo
là sopra le ali della fantasia…"
.

Indelebile è il ricordo che Ruggero Bonifazi ha lasciato nei suoi tanti amici: e gli amici sono un altro tema centrale nella sua poetica. Amici che lo amavano e che non disdegnavano di farsi strapazzare nei suoi versi allusivi e piccanti. Anzi: essere ritratti da Ruggero in una sua poesia era un onore al punto che molti si rivolgevano a lui per essere "immortalati". Ecco, ad esempio, come esordisce Ruggero nella sua poesia "La biografia di Brenciaglia".
"Brenciaglia entusiasmato
per la sega de Giggione
m'ha chiesto e m'ha pregato
anche lue la su canzone.
"

Ed ecco ancora come si rivolge a lui l'amico, pure di Piansano, Nicola Mattei in una poesia pubblicata nel suo libro "All'ombra di quest'albero":
"La tua ironia arguta e intelligente
conferma quello tuo spiccato ingegno
e qui, fin quando vegeta l'olivo,
fra la tua gente sarai sempre vivo"
.

E veniamo al tratto al quale, forse, è maggiormente legata la sua fama di poeta satirico e che spiega anche il titolo "Satiro allegro" dato alla sua raccolta di poesie. Tredicino essendo poeta del popolo ha parlato e cantato la lingua del popolo: una lingua libera, allegra, disinibita, intrisa di doppi sensi e allusioni sessuali. Esemplari in tal senso le sue poesie: "La motosega de Giggione" e "La sega de Giovannino". 
Qualcuno potrebbe definire questo linguaggio come "scurrile". Ma, intendiamoci, le cose non stanno affatto così. Ruggero è l'epigono di una tradizione poetica e culturale che va da Plauto a Aristofane, da Catullo a Marziale, dal Belli a Trilussa. 
Le sue allusioni, mai gratuite e sempre fortemente ancorate al racconto di una vicenda assolutamente reale e credibile, ci forniscono, casomai, la possibilità di una duplice lettura degli eventi narrati. 
La prima è una lettura di superficie, in cui le allegre vicende dei protagonisti alle prese con i formidabili aggeggi meccanici che tanta fatica levano al lavoro dell'uomo vengono descritte nel loro esatto divenire "storico", evitando cioè forzature o fronzoli atti a enfatizzare l'osceno, contrariamente a quanto avviene in tanta dozzinale letteratura licenziosa; l'altra è una lettura "convenzionale", fatta cioè e rivolta a persone che tra loro ben intendono cosa potrebbe celarsi sotto l'apparente innocuità del racconto, essendo a conoscenza di fatti, persone e luoghi narrati. Scatta così il meccanismo che provoca inevitabile la risata.
In conclusione vogliamo anche sottolineare che le poesie di Ruggero costituiscono, come è naturale aspettarsi considerando la natura e il carattere dell'autore e le vicende della sua vita, un autentico concentrato di saggezza popolare. Vediamo ad esempio, in questi tempi di guerra insensata, con quanta arguzia, levità e buon senso Tredicino affronta il tema della pace:
"Se tutte le nazione 
facessero la pace
buttamo le cannone
e damose le bace!"
.

Ma si, facciamo come dice Ruggero: damose le bace!
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Il ricordo di Nicola Mattei

- Al caro amico Ruggero
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Il ricordo di Araldo Moscatelli

- A Ruggero Bonifazi di Canino
 

Foto di Ruggero Bonifazi