Nella memoria di tutti noi c’è un
vicolo. Un luogo familiare, chiuso e protetto in cui scorazzare
con le proprie gambe e con la fantasia. Un luogo in cui le
nostre grida di bambini dominavano incontrastate sui rumori del
giorno e sulle parole dei grandi. Il vicolo delimitava il nostro
orizzonte di vita: piccolo, angusto a vederlo oggi, ma immenso,
quasi sconfinato ai nostri occhi di bimbi.
Il vicolo pullulava di vita in ogni momento della giornata: già al
mattino quando percorrendolo di corsa si andava a scuola e le
donne si affacciavano sull’uscio per vedere che tempo faceva.
Poi si tendevano al sole i panni lavati e si usciva a prendere
il pane (non comprare, ma proprio prendere: si riportava il peso
su un libretto, e si compensava il tutto al momento della
mietitura consegnando al fornaio parte del raccolto). Qualche
minimo acquisto nel negozietto vicino circoscriveva le occasioni
per allontanarsi dal vicolo nel corso della mattinata, poi di
nuovo a casa a preparare il pranzo. Quando era ora di sedersi a
tavola c’era da andare in cantina a cavare il vino, che doveva
essere bello fresco. Giusto il tempo di consumare il pasto ed
ecco i bambini riversarsi nuovamente nel vicolo, per allietarlo
con i loro giochi e i loro schiamazzi.
Nel vicolo si viveva più sulla porta che dentro le case, i gradini di
accesso erano spesso occupati da persone intente a fare
qualcosa: le donne capavano l’insalata o i fagioli, sbucciavano
piselli o facevano la maglia. Il cestaio intrecciava i capagni,
i vecchi sedevano al solino, i bambini entravano e uscivano e
gli uomini spaccavano la legna. La sera, d’estate, si stava
tutti fuori a veja a chiacchierare sotto le stelle.
Oggi tutto questo oggi non c’è più, ma in un vicolo del centro
storico di Montefiascone, la Porticella, è stato fedelmente
ricostruito. I residenti del vicolo, già meritori per il fatto
di realizzare ogni anno un famoso presepe all’aperto, hanno
voluto fare di più, allestendo negli angoli più suggestivi del
loro vicolo scene di vita del tempo che fu, con figure a
grandezza naturale rivestite con abiti originali e alle prese
con strumenti e oggetti di allora, recuperati da soffitte e
cantine. Ambientazioni evocative accompagnano i visitatori in un
percorso della memoria che è al tempo stesso affettivo e
antropologico: pressante richiamo alla memoria individuale e
parte integrante della memoria collettiva di tutti noi.
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